Quali reati possono essere integrati dalla violazione delle disposizioni in materia di prevenzione del contagio da COVID-19?
L’insorgere dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 ha dato luogo altresì alla creazione, prima da parte del Governo tramite DPCM, e poi anche con successivi Decreti Legge passati al vaglio del Parlamento, di illeciti penali per i soggetti che trasgrediscano alcune delle misure di contenimento del contagio.
Dopo una primissima fase in cui molte delle violazioni della disciplina anti COVID-19 avevano trovato risposta in norme di carattere penale, come ad esempio la violazione del divieto di uscire dalla propria abitazione fuori dai casi consentiti, punita ai sensi dell’articolo 650 del Codice Penale, nell’attuale assetto vi è un solo reato appositamente disciplinato in materia di violazione delle norme anti Coronavirus.
Reati legati al Coronavirus: Cosa si rischia?
Si tratta del reato previsto in via autonoma dall’articolo 4, comma 6, del Decreto Legge n. 19 del 2020, attraverso il quale è punito il soggetto che, trovandosi in quarantena a causa di una sua positività al Coronavirus, trasgredisca all’obbligo di isolamento allontanandosi dalla propria abitazione.
Si tratta dell’unica violazione della disciplina in materia di contenimento del Covid-19 che ad oggi è punita con sanzione di carattere penale: il trasgressore sarà infatti punito con la pena dell’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da 500 Euro a 5.000 Euro.
Appare evidente che, affinché il reato in oggetto sia integrato, occorrerà che il trasgressore sia stato riscontrato positivo al Coronavirus e sottoposto all’obbligo di quarantana domiciliare fino all’accertata negatività: solo in questo particolare caso l’allontanamento dal proprio domicilio configurerà il reato ex articolo 4, comma 6, del Decreto Legge n. 19/2020.
È bene notare come tale reato sia di natura contravvenzionale, e quindi possa essere punito sia a titolo di dolo che a titolo di colpa.
Reato di natura Colposa o Dolosa?
Si tratta di un reato che opera in via residuale, per via dell’espressa clausola di sussidiarietà contenuta nella norma, secondo cui la fattispecie incriminatrice è destinata a produrre i suoi effetti salvo che la condotta del reo non sia punibile ai sensi dell’articolo 452 del Codice Penale (epidemia colposa) o costituisca altro reato più grave.
Infatti la violazione delle norme di comportamento previste per arginare la diffusione del Coronavirus può essere fonte di responsabilità penale anche sotto forma di altri reati, ad esempio il reato di epidemia colposa, di lesioni personali dolose o colpose e di omicidio doloso o colposo.
Il reato di epidemia è previsto nel nostro Ordinamento sia nella forma dolosa (articolo 438 del Codice penale, punita con la pena dell’ergastolo) che colposa (articolo 452 del Codice penale, punita con la pena della reclusione da tre a dodici anni nel caso in cui dal fatto derivi la morte di più persone e da uno a cinque anni di reclusione nei restanti casi).
Con tale reato si punisce la condotta di chi cagioni un’epidemia diffondendo germi patogeni (generalmente batteri o virus, tra cui quindi può ricomprendersi il Coronavirus): in senso giuridico l’epidemia è costituita da una malattia altamente contagiosa che infetta un considerevole numero di persone in un determinato territorio in un lasso di tempo relativamente ristretto, talché appare evidente come le caratteristiche del COVID-19 integrino a pieno la nozione giuridica di epidemia.
Poiché l’epidemia da COVID-19 è già in atto, per aversi responsabilità penale sarà necessario che l’agente dolosamente o colposamente provochi la diffusione del virus, nei confronti di un numero considerevole di persone, nell’ambito di un territorio in cui il contagio non è ancora avvenuto o abbia avuto scarsa diffusione, di modo tale che il comportamento del reo funga da detonatore di una rilevante diffusione dell’epidemia nei confronti di un numero indeterminato di soggetti.
Mentre per l’integrazione del reato di epidemia dolosa sarà necessaria la coscienza e la volontà da parte dell’agente di diffondere l’epidemia, nel caso del reato di epidemia colposa sarà sufficiente che l’evento epidemico sia conseguenza di un comportamento negligente, impudente o imperito dell’agente, oppure di una violazione di leggi o norme dettate per la prevenzione del rischio contagio.
Appare evidente come nella pratica sarà difficile che si verifichino (se non in casi isolati e molto rari) situazioni sussumibili all’interno dell’alveo dei delitti di epidemia dolosa o colposa; diversamente sarà più agevole riscontrare una casistica di soggetti imputati di lesioni personali, nella forma dolosa o colposa, per aver contagiato soggetti determinati, facendoli ammalare di Coronavirus.
Si tratterà ovviamente di soggetti che, consapevoli del fatto di essere positivi al COVID-19, si determinino volontariamente a contagiare altri soggetti (lesioni personali dolose) oppure contagino altri soggetti pur non volendolo, ma ponendo in essere comportamenti imprudenti, negligenti o imperiti o in violazione di regole di comportamento dettate in materia di prevenzione del contagio (lesioni personali colpose).
Allo stesso modo, se dai comportamenti appena descritti deriverà la morte del soggetto contagiato dal Coronavirus, il colpevole potrà rispondere del delitto di omicidio volontario o colposo, a seconda che il contagio sia stato determinato volontariamente o per comportamenti di carattere colposo.