Giuseppe Migliore - Avvocato Penalista Roma

Custodia cautelare

La custodia cautelare in carcere è la più grave ed afflittiva delle misure cautelari previste dal nostro Ordinamento, e per tale ragione di norma è applicata solamente nei casi ritenuti più gravi, e qualora ogni altra misura non risulti adeguata.

Con la misura della custodia cautelare in carcere il Giudice ordina agli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria di catturare il soggetto destinatario della misura ovunque egli si trovi, al fine di condurlo immediatamente in un luogo di custodia (ovvero in un carcere) laddove rimanga a disposizione dell’Autorità Giudiziaria procedente. Il soggetto arrestato rimane detenuto in carcere fino a contrario ordine dell’Autorità Giudiziaria.

Evidentemente si tratta della più grave e pesante delle misure cautelari, in quanto determina una totale limitazione della libertà personale del soggetto arrestato. Il soggetto in custodia cautelare in carcere infatti non solo è ristretto nell’istituto di custodia, ma è altresì impossibilitato a comunicare con l’esterno (non ha accesso né al telefono né ad altri strumenti informatici, se non in casi particolari e sotto il controllo degli agenti di custodia), salva la possibilità di inviare all’esterno corrispondenza (che comunque in casi particolari può essere sottoposta a controllo).

Salva la possibilità di incontrare liberamente i propri avvocati difensori, ogni altra visita è sottoposta alla preventiva autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria procedente ed in ogni caso è limitata sia con riguardo al numero che alla durata delle visite. Dal punto di vista giuridico la custodia cautelare in carcere è una misura cautelare coercitiva di carattere custodiale.

In quanto misura cautelare essa può essere applicata solo o prima o durante il processo, qualora sussistano gravi indizi di colpevolezza ed il Giudice ritenga che una delle esigenze cautelari (così come previste dall’articolo 274 del Codice di procedura penale: pericolo di fuga, pericolo di inquinamento probatorio e pericolo di reiterazione del reato) possa essere compromessa nel caso in cui l’indagato o imputato rimanga in libertà (ovvero sia sottoposto a misura meno restrittiva). Per tale ragione ogni qual volta un soggetto si trovi ristretto in carcere in espiazione di una condanna ormai divenuta definitiva non si tratterà di soggetto in custodia cautelare in carcere.

Si tratta di una misura coercitiva proprio perché essa incide direttamente sulla libertà personale del soggetto, a differenza delle misure cautelari interdittive; è inoltre di natura custodiale proprio perché (al pari degli arresti domiciliari) comporta la custodia del soggetto arrestato in un luogo determinato, senza possibilità alcuna di potervisi allontanare. Come ogni altra misura cautelare la custodia in carcere – oltre ad essere condizionata alla presenza di gravi indizi di colpevolezza e di esigenze cautelari da tutelare – non potrà essere disposta qualora il fatto sia stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità, oppure qualora sussista una causa di estinzione del reato o della pena.

Inoltre, così come disposto anche per la misura degli arresti domiciliari, la misura della custodia in carcere non potrà essere applicata qualora il Giudice ritenga che all’esito del giudizio possa essere irrogata una pena con concessione del beneficio delle sospensione condizionale (possibile fino ad una pena di due anni di reclusione al verificarsi di particolari condizioni). Inoltre il Codice di procedura penale vieta in linea generale l’applicazione della custodia cautelare in carcere qualora il Giudice ritenga che – all’esito del giudizio – possa essere irrogata una pena non superiore a tre anni di reclusione; ciò salvo particolari casi (elencati nell’articolo 275 del Codice di procedura penale) che attengono alla commissione di determinati reati ritenuti più gravi o di maggiore allarme sociale, oppure nel caso in cui il soggetto non disponga di un luogo idoneo per l’esecuzione degli arresti domiciliari e ogni altra misura risulti inadeguata, o infine nel caso in cui il soggetto posto agli arresti domiciliari trasgredisca le prescrizioni imposte.

La misura della custodia cautelare in carcere non può inoltre disporsi qualora si proceda per un reato la cui pena massima sia inferiore ai cinque anni di reclusione (salvo il reato di finanziamento illecito dei partiti, in relazione al quale tale limite non è operante); il limite appena esposto non è altresì operativo qualora il soggetto si sia già reso responsabile di trasgressioni alle prescrizioni imposte con altre misure cautelari: in tale caso – anche al di fuori dei limiti di pena edittale – la misura in atto può essere aggravata con la sottoposizione alla custodia in carcere in ragione della trasgressione commessa. Data l’estrema gravità ed afflittività della custodia cautelare in carcere essa potrà essere disposta solo qualora ogni altra misura – sia coercitiva che interdittiva, anche applicate in via cumulativa tra loro - risulti inadeguata al caso di specie: quindi come extrema ratio; inoltre nell’applicare la custodia in carcere il Giudice, nel provvedimento che ordina la misura, dovrà esplicitare le ragioni per cui non ritenga idonea ed adeguata al caso di specie la misura degli arresti domiciliari con applicazione del cosiddetto “braccialetto elettronico”. Tali disposizioni sono dettate in linea generale, proprio per tentare di limitare l’accesso a tale misura cautelare solo ai casi di particolare e rilevante gravità; al contrario tuttavia, il Codice di rito elenca una serie di ipotesi di reato di considerevole gravità (ad esempio omicidio, associazione a delinquere di stampo mafioso, reati di terrorismo o di carattere sessuale) per le quali la misura di elezione è proprio quella della custodia in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali si possa ritenere l’assenza di esigenze cautelari, oppure l’idoneità ed adeguatezza di altre misure meno afflittive.

Salvo che siano sussistenti esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e gravità non può essere applicata la custodia cautelare in carcere nei confronti di donne incinte o madri di figli conviventi di età inferiore ai sei anni di età (oppure nei confronti di padri di figli minori di sei anni, qualora la madre sia deceduta o sia impossibilitata ad occuparsi della prole), oppure nei confronti di soggetti ultrasettantenni. In linea generale (salvo nel caso sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza) la misura della custodia in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta nei confronti di soggetti affetti da AIDS o da altra malattia particolarmente grave, qualora le condizioni cliniche siano incompatibili con la detenzione in carcere o comunque tali da non consentire adeguate cure in carcere. Fermo restando il fatto che – come previsto per ogni misura cautelare – sono dettati dei limiti temporali di applicazione della custodia in carcere (sia con riferimento ad ogni fase processuale sia “massimi”, ovvero prima che il processo sia definito in maniera irrevocabile), la custodia cautelare in carcere potrà essere revocata (o sostituita con altra misura) solo per ordine dell’Autorità Giudiziaria che procede contro l’imputato/indagato.

A tal fine il soggetto arrestato, generalmente e preferibilmente per il tramite del proprio difensore, potrà rivolgere un’apposita istanza al Giudice, nella quale dovrà prospettare degli elementi (meglio se “nuovi”, ovvero non ancora valutati) attraverso i quali possa essere dimostrato o che le esigenze cautelari non siano in concreto più sussistenti o che le stesse – seppur ancora presenti – siano affievolite e meno gravi, e quindi tali da poter essere adeguatamente tutelate con una misura meno afflittiva. In linea generale il Giudice, qualora riterrà che le esigenze cautelari siano venute meno (o che possa farsi una diversa valutazione dei gravi indizi di colpevolezza alla luce dei nuovi elementi prospettati) revocherà la custodia cautelare in carcere disponendo la liberazione del soggetto; diversamente, qualora il Giudice ritenga che le esigenze cautelari permangano ma siano attenuate rispetto all’originaria valutazione fatta all’atto dell’emissione della misura, sostituirà la misura della custodia in carcere con altra misura meno grave, che ritenga idonea alla tutela delle residue ragioni di cautela (ad esempio potrà concedere gli arresti domiciliari).