Giuseppe Migliore - Avvocato Penalista Roma

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Il reato di Furto

Il reato di furto, previsto dall’art. 624 C.P., punisce con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da Euro 154 a 516 la condotta del soggetto che, al fine di trarne profitto per sé o altri, si impossessi della cosa mobile altrui sottraendola al detentore.

L’oggetto materiale sul quale può essere compiuto il delitto di furto è una cosa mobile, ovvero sia qualsiasi bene mobile (ovviamente anche il denaro) suscettibile di appropriazione, che abbia per il detentore un valore di carattere patrimoniale o anche solamente affettivo o morale.

Affinché sia integrato il reato di furto è di fondamentale importanza che la cosa sia “altrui”, ovvero di proprietà di persona diversa rispetto all’agente.

La persona offesa dal reato non è solamente il proprietario del bene, ma altresì chi ne sia il possessore o il detentore, anche per conto altrui ed anche nel caso in cui la detenzione non sia legittima: paradossalmente in tal senso è ben possibile che la persona offesa del reato di furto possa essere colui che a sua volta deteneva illecitamente il bene, ad esempio per averlo rubato in precedenza.

L’interesse giuridico tutelato dalla norma non è infatti solamente quello della tutela della proprietà, ma soprattutto quello della tutela del possesso del bene, possesso che non deve essere turbato proditoriamente dall’agire illecito di altri soggetti, qualsiasi sia la fonte o la veste giuridica della detenzione da parte della persona offesa.

L’azione delittuosa del reato di furto si compie attraverso la sottrazione del bene da parte del colpevole, con conseguente impossessamento della cosa da parte di quest’ultimo: in altre parole l’agente sottrae il bene dalla sfera di controllo e di possesso del detentore, per conseguire un possesso autonomo ed immediato della cosa che gli garantisca una relazione diretta con il bene, al di fuori della sfera di controllo del possessore.

Questa è la ragione per la quale si configura il furto tentato e non il furto consumato ogni qualvolta il bene oggetto di sottrazione non sia completamente uscito dalla sfera di controllo o vigilanza del possessore, con conseguente mancato conseguimento da parte del reo di un autonomo e completo impossessamento (ad esempio se il proprietario riesce ad inseguire il reo recuperando la cosa sottratta; oppure, nel caso di furto in un esercizio commerciale, se l’azione furtiva avviene sotto il costante e continuo controllo di un addetto alla vigilanza).

Dal punto di vista dell’elemento soggettivo del reato è richiesto il dolo specifico, poiché l’azione furtiva deve essere posta in essere allo scopo di trarre profitto, per sé o per altri, dalla sottrazione; per fine di profitto non s’intende esclusivamente uno scopo di lucro, poiché qualsiasi utilità o vantaggio, sia esso di carattere patrimoniale o non patrimoniale, può integrare la finalità di profitto richiesta dalla norma.

Il furto è punibile a querela della persona offesa dal reato, salvo che sussista una delle circostanze aggravanti di cui all’art. 625 C.P., oppure la circostanza aggravante dell’aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante entità (art. 61 n. 7 C.P.).

Nell’art. 625 del Codice Penale sono infatti contenute le circostanze aggravanti dettate specificamente per il reato di furto: esse contemplano una serie di elementi così ampi e di facile verificazione nella realtà che molto difficilmente nella prassi giudiziaria si assiste alla contestazione di un furto senza circostante aggravanti.

Il furto aggravato è procedibile d’ufficio (al contrario del “furto semplice”) e sarà punito con una pena da due a sei anni di reclusione e da 927 a 1.500 Euro di multa; se il reato di furto si presenta invece “pluriaggravato” (contestazione di due o più circostanze aggravanti) la pena potrà oscillare tra i tre ai dieci di reclusione e tra i 206 e i 1.549 Euro di multa.