Giuseppe Migliore - Avvocato Penalista Roma

Glossario


Il delitto di Calunnia punisce, con la reclusione da 2 a 6 anni, colui che incolpi un altro soggetto di un reato, pur sapendolo innocente. La Calunnia può essere attuata:

-          attraverso una denuncia o una querela (intese in senso atecnico, essendo sufficiente la semplice esposizione di un fatto costituente reato), diretta all’Autorità Giudiziaria o ad altro soggetto che a questa debba riferire, nella quale si accusi falsamente qualcuno, che si sappia innocente, di un reato (è questa la cosiddetta Calunnia “diretta” o “formale”);

-          simulando a carico del soggetto falsamente incolpato tracce materiali del reato, ovvero, in altre parole, creando prove false a carico dell’incolpato (è questa la cosiddetta Calunnia “reale”);

In entrambi i casi è necessario che il denunciante conosca l’innocenza del calunniato, essendo punita dalla norma la volontà dolosa di incolpare un innocente di un reato che non ha commesso. In altre parole, qualora, essendo in buona fede e quindi cadendo in errore, si accusi un soggetto di un reato che non ha commesso, il reato di Calunnia non potrà dirsi consumato.

Il delitto sussiste anche nel caso in cui la falsa denuncia o querela sia presentata in forma anonima o sotto falso nome, ad anche se nella denuncia non sia accusato un soggetto ben determinato, essendo sufficiente che sia semplice risalire all’identità del calunniato.

Per la sussistenza del delitto di Calunnia è necessario che la falsa accusa sia almeno astrattamente idonea a far nascere un procedimento penale contro l’incolpato, essendo escluso il reato se l’incolpazione sia assolutamente inverosimile o grossolanamente falsa, in modo tale che su tali basi non vi sia neanche l’astratta possibilità che un’indagine venga aperta.

Allo stesso modo, se la falsa accusa riguarda un reato procedibile a querela di parte – e questa non sia stata presentata – il reato di Calunnia non sussiste, poiché in assenza della condizione di procedibilità (querela) non è possibile l’avvio di un procedimento penale, con conseguente inidoneità della falsa incolpazione a far nascere un’indagine nei confronti del calunniato.

La Legge prevede aumenti di pena nel caso la falsa incolpazione abbia ad oggetto un reato punito con pene particolarmente gravi, o nel caso in cui il calunniato abbia riportato una condanna a causa della falsa accusa.

Nel caso in cui un soggetto si autoaccusi falsamente di un reato mai avvenuto, oppure commesso da altri, sarà responsabile del delitto di Autocalunnia, punito con pene più lievi (reclusione da 1 a 3 anni) rispetto a quello di Calunnia.

Il delitto di Corruzione è configurato nel Codice Penale fondamentalmente sotto due distinte ipotesi:

Il delitto di Corruzione per l’esercizio della funzione, con il quale è stata sostituita la previgente ipotesi della Corruzione per atto d’ufficio (la cosiddetta “corruzione impropria”), punisce con la pena della reclusione da 1 a 6 anni il comportamento del pubblico ufficiale che, per l’esercizio della sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, oppure ne accetta la promessa.

Viene punito quindi non il compimento (dietro compenso illecito) di un atto illegittimo da parte del pubblico funzionario, bensì il mero fatto che egli venga indebitamente ricompensato per esercitare, anche in maniera del tutto corretta sotto il profilo tecnico e regolamentare, la sua funzione o i suoi poteri.

In altre parole il pubblico ufficiale, se indebitamente ricompensato, risponderà di corruzione anche se nell’esercizio del suo ruolo non abbia violato alcuna norma legislativa o regolamentare, producendo atti conformi ad una corretta e legittima amministrazione.

L’interesse tutelato dalla norma in oggetto è infatti quello della correttezza e del buon andamento della pubblica amministrazione, poiché l’azione dei pubblici poteri deve essere estranea ed in posizione di terzietà rispetto agli interessi di natura privatistica sui quali tale azione pubblica può incidere.

Diverso è il caso della Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, ipotesi con la quale viene punito, con la pena della reclusione da 6 a 10 anni (fortemente innalzata a seguito delle recenti riforme), il comportamento del pubblico ufficiale che riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, oppure ne accetta la promessa, per omettere o ritardare  o per aver omesso o aver ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai propri doveri d’ufficio.

Si tratta della cosiddetta “corruzione propria”, che ha ad oggetto il compimento, dietro indebita remunerazione, di un atto illegittimo, per il compimento del quale il pubblico funzionario usa in maniera contraria al dovuto i propri pubblici poteri.

L’atto realizzato dietro indebita remunerazione è quindi illegale, ovvero diverso da quello che il pubblico funzionario avrebbe dovuto adottare se avesse rispettato norme e regolamenti, nonché se avesse rispettato il proprio dovere di fedeltà, imparzialità ed onestà nell’esercizio della pubblica funzione.

Per tale ragione ben si giustifica il diverso trattamento sanzionatorio previsto per le due ipotesi di corruzione: ben più grave è il comportamento (e quindi ben più grave sarà la pena) del pubblico ufficiale che faccia mercimonio delle proprie funzioni compiendo un atto illegittimo e contrario ai propri doveri (subordinando totalmente gli interessi della collettività e dell’amministrazione per cui opera ai propri interessi privati), rispetto a quello del pubblico funzionario che accetti un’indebita remunerazione per l’esercizio dei propri poteri pubblici, senza tuttavia giungere a realizzare comportamenti o atti illegittimi e difformi dai canoni corretti del buon esercizio della funzione.

In entrambe le ipotesi di Corruzione l’indebita remunerazione del pubblico funzionario può consistere sia in denaro che in qualsiasi altra utilità, nozione sotto la quale è compreso qualsiasi vantaggio materiale o morale, patrimoniale e non patrimoniale, che abbia valore per il pubblico ufficiale.

In entrambi i casi è irrilevante l’effettivo conseguimento, da parte del pubblico ufficiale, dell’indebita remunerazione, essendo punito il mero fatto di accettare la promessa fattane dal corruttore.

E’ importante sottolineare come le stesse pene previste per il pubblico ufficiale corrotto siano applicabili al privato corruttore, il quale concorrerà nel reato con il pubblico funzionario e sarà soggetto alle medesime sanzioni.

Nel caso in cui venga corrotto un incaricato di pubblico servizio (soggetto che, senza essere titolare dei poteri che caratterizzano la figura del pubblico ufficiale, agisce nell’ambito di una pubblica funzione, prestando un pubblico servizio) la pena sarà attenuata, mentre la pena sarà aumentata qualora l’atto contrario ai doveri d’ufficio, compiuto dal pubblico funzionario infedele, abbia ad oggetto il conferimento di stipendi, pensioni o pubblici impieghi, nonché il pagamento ed il rimborso di tributi o la stipulazione di contratti con l’amministrazione nella quale presta servizio il funzionario corrotto.

Si realizzerà la figura della Corruzione in atti giudiziari qualora le ipotesi di corruzione appena descritte (“propria” o “impropria”) siano commesse per favorire o danneggiare una parte in un processo penale, civile o amministrativo. In questa ipotesi la pena prevista è dai 6 ai 12 anni di reclusione, mentre sono previste particolari soglie se dal fatto derivi un’ingiusta condanna nel corso di un processo penale.

Qualora l’offerta di denaro o di altra utilità effettuata dal soggetto corruttore, o la sollecitazione di un’offerta in tal senso effettuata dal soggetto corrotto, non vengano accettate rispettivamente dal pubblico ufficiale e dal soggetto privato, verrà integrata la diversa figura dell’Istigazione alla Corruzione, punita con pene ridotte di un terzo rispetto alle fattispecie di corruzione appena descritte (in ragione del fatto che l’accordo criminoso non è giunto a compimento, con minore danno per l’interesse tutelato dalla norma).